L’Europa che vogliamo: idee per il futuro delle istituzioni
L’Europa dell’ultimo decennio, nonostante i tanti miglioramenti introdotti dal Trattato di Lisbona nel 2009, ha dato troppe volte l’impressione di essere bloccata nell’incapacità di decidere e di rispondere alle sfide e crisi che si sono affacciate negli anni.
Non deve essere un tabu parlarne: occorrono alcuni correttivi al meccanismo decisionale dell’UE, per permettere ai cittadini di sentirsi più vicini, più coinvolti e soprattutto per riportare fiducia nella capacità dell’Europa di risolvere problemi essenziali per la qualità della nostra vita democratica.
Avere istituzioni più efficienti e democratiche è l’unica strada per contrastare i nazionalismi e per creare una nuova forma positiva di vero sovranismo europeo, perché è solo con una più stretta integrazione che potremo risolvere i tanti nodi ancora aperti, dalle politiche migratorie, agli investimenti per la crescita, alla lotta all’evasione fiscale, a un’agenda internazionale davvero comune.
Il Partito Democratico dovrà continuare ad avere un ruolo chiave per contribuire a una alleanza tra tutte le forze progressiste e federaliste che hanno a cuore un approfondimento dell’integrazione della UE, a cominciare da alcune proposte urgenti di riforma:
· semplificare il sistema decisionale superando definitivamente i casi in cui il Consiglio (gli Stati membri) devono decidere all’unanimità: questo è un freno insormontabile a scelte di maggiore integrazione su tanti temi decisivi,
· parallelamente, dare al Parlamento Europeo, che è lo spazio di rappresentanza più vicino ai cittadini, il diritto pieno di decidere su tutte le materie di competenza dell’Unione, andando quindi oltre quanto previsto dai Trattati: è ora soprattutto anche di dare al Parlamento europeo il potere di iniziativa legislativa,
· obbligare gli Stati membri a pubblicare in modo trasparente tutte le posizioni e decisioni assunte a livello comunitario: non deve più accadere di accusare Bruxelles e l’Europa per scelte in realtà compiute dai governi,
· riformare i Trattati europei è necessario, per venire incontro alle sfide dei prossimi anni (evoluzione della Brexit, possibili nuovi allargamenti verso i Balcani) e per portare nuova flessibilità per permettere forme diverse di integrazione politica,
· attribuire un volto all’Europa, rafforzando il principio dello Spitzenkandidat e andando sempre più verso la definizione di un presidente della Commissione eletto direttamente dai cittadini, da affiancare ad altre figure riconoscibili come la nuova carica del Ministro del Tesoro UE,
· finanziare le politiche europee aumentando il bilancio comunitario grazie a nuove e più ingenti risorse proprie, provenienti da tasse europee sulle transazioni finanziarie, sul digitale, sulle emissioni di CO2,
· estendere le competenze comunitarie a materia cruciali quali la dimensione sociale, l’occupazione, la fiscalità, l’istruzione,
· coinvolgere nel sistema decisionale in modo permanente e più strutturato i cittadini e i rappresentanti sociali, attraverso modelli avanzati di consultazioni, anche in vista delle riflessioni sulle possibili modifiche ai Trattati.